Chiesa di San Sebastiano

Chiesa (1516 – 1590 circa; 1609 – 1621 circa.)
Prospetto principale

Accessibilità

Sintesi

La chiesa di San Sebastiano, costruita in seguito alla demolizione di una preesistente chiesa, realizzata nel 1482 costituiva lo sfondo di una lunga arteria che, partendo dalla via del Capo, e dipanandosi nel vecchio tessuto medioevale della città, attraversava la Loggia, e arrivava fino al mare. Inoltre, si collocava nel punto di innesto (Piano della Fonderia) con la strada che collegava il Castellammare con il Piano della Marina. Ancora oggi, la chiesa costituisce il fondale della via Giovanni Meli, che aveva come quinte le due chiese di S. Maria la Nova, allora in ricostruzione, e quella trecentesca di S. Giacomo la Marina, oggi non più esistente ed è racchiusa da edifici su entrambi i lati. Il suo prospetto posteriore si affaccia sulla Cala.L’impianto è a croce latina, tre navate, ognuna con tre cappelle, e con transetto e tribuna. Tre archi a pieno centro, che impostano su colonne di marmo con alti piedistalli, dividono le navate. La dissonanza formale tra le navate e il resto della chiesa è dovuta alle successive ricostruzioni, che non permettono la percezione di una organica concezione spaziale. La navata centrale e i bracci del transetto sono coperti da volte a botte lunettate, mentre con volte a crociera sono coperte le navate laterali. Il centro di croce è coperto da una cupola a pianta ottagonale, che all’esterno è racchiusa in un tiburio, anch’esso ottagonale e che termina con una lanterna a bulbo. La facciata, attribuita ad Antonio Muttone o Montone, è tripartita da alte lesene di ordine dorico, con una intelaiatura tipicamente cinquecentesca con due volute laterali di raccordo all’ordine più piccolo frontonato della zona centrale. Sia il portale principale, che i laterali (entrambi oggi tompagnati) sono sormontati da lunette e da uno scudo raffigurante l’effigie del santo. Il prospetto sulla Cala è molto semplice e non rispetta gli stessi caratteri stilistici.

Nel 1516 la confraternita di San Sebastiano, alla quale si era aggregata la maestranza dei Cerdoni, decise di costruire una nuova chiesa nel luogo di una preesistente. In una prima fase, vennero costruite solo tre tribune, non più esistenti. In seguito alla richiesta al Senato palermitano da parte dei confrati di allargare l’abside, nel 1577 iniziò una seconda lunga fase di ampliamento della chiesa, alla quale prese parte l’architetto Giuseppe Giacalone e che si concluse con la realizzazione di una nuova abside piatta.Nella prima metà del Seicento (1605-1621 ca.), avvenne una trasformazione considerevole dell’interno dell’edificio, che venne in gran parte ricostruito, principalmente per risolvere problemi strutturali. In questa fase viene realizzata la facciata ad opera di Antonio Muttone, terminata nel 1609. Nel 1800 la congregazione di San Sebastiano si sciolse e per la chiesa iniziò un lungo periodo di abbandono.Negli anni ‘30 del Novecento, gli spazi abbandonati vennero utilizzati dalla Soprintendenza di Palermo come magazzino per le opere d’arte.

Nel 1943 la chiesa venne danneggiata dai bombardamenti. Si verificano lesioni ai muri, alle volte della tribuna, al transetto ed alla cupola, danni ai tetti, rottura degli infissi, prospetto scheggiato e mutilato. A seguito di ciò, nel 1946 vennero eseguiti degli interventi di restauro a cura della Soprintendenza ai Monumenti di Palermo che hanno riguardato prevalentemente la chiusura degli accessi e di brecce nei muri, la fasciatura di una colonna lesionata nella nave, la riparazione dei tetti (Guiotto, 1946).Tra il 1974 e il 1977 vennero eseguiti ulteriori restauri e riparazioni, quali lo smontaggio e la ricostruzione di elementi delle coperture, sistemazione pluviali, demolizione di murature per alloggiamento cordoli in cemento armato, smontaggio del lanternino e ricostruzione dello stesso, risarcimenti, consolidamenti intonacature.

Nella seconda metà del XVI secolo una consistente serie di fabbriche religiose subì radicali mutazioni nel corpo dell’abside centrale. Le ragioni di questo fenomeno sono note e intrecciano prescrizioni liturgiche, patrocini aristocratici per sepolture collocate nell’altare maggiore, rinnovate esigenze estetiche (S. Sebastiano, San Francesco d’Assisi, S. Antonino, San Martino delle Scale). Sappiamo che Giuseppe Giacalone propose una modifica analoga nella chiesa madre di Piazza Armerina, considerandola sufficiente per l’ammodernamento della struttura in opposizione agli architetti che avevano proposto la realizzazione di un grandioso tempio centrico. Antonio Muttone nel 1598 realizza, secondo gli stessi principi stilistici, ma con un disegno più articolato, anche la chiesa di Sant’Ignazio all’Olivella. Le analogie si possono ritrovare nel rapporto tra gli spazi pieni e i vuoti delle finestre e delle porte.

  • M. Guiotto, "I monumenti della Sicilia occidentale danneggiati dalla guerra: protezioni, danni, opere di pronto intervento", Palermo 1946.
  • F. Meli, "Matteo Carnilivari e l’architettura del Quattro e Cinquecento in Palermo", Roma 1958.
  • G. Spatrisano, "Architettura del Cinquecento in Palermo", Palermo 1961, pp. 148-158.
  • M. R. Nobile, "Chiese colonnari in Sicilia (XVI secolo)", Palermo 2009.
  • A. Armetta, "La ricostruzione dell’abside in alcuni esempi della seconda metà del XVI secolo a Palermo", in "L’abside. Costruzione e geometrie", a cura di M. R. Nobile e D. Sutera, Palermo 2015, pp. 83-91
  • M. Vesco, "Magister versus architector: note sull’evoluzione di una figura professionale nella Sicilia del Cinquecento", in "Lexicon. Storie e Architettura in Sicilia e nel Mediterraneo", n. 22-23, Palermo 2017, pp. 69-76.